OFV – Bluebird’s Flight

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Se di differenza si può parlare tra la musica per banda e quella per orchestra sinfonica, questa è data dal fatto che, mentre letteratura buona e cattiva si possono trovare da entrambe le parti, il repertorio sinfonico elimina la musica cattiva per “selezione naturale”, mentre le bande, purtroppo, continuano a suonarla. Ciò è anche origine dell’annoso equivoco per cui, nella visione popolare, la banda di solito “deve” suonare male, mentre l’orchestra bene. Ma la musica per banda, nella sua miglior espressione formale ed artistica, è un’espressione rilevante e tipica del Novecento, come il jazz, ed in particolare della cultura anglosassone, che ne ha riconosciuto la validità già da tempo. E come per il jazz, musica nata dalla fusione di due culture, ed oggi assunta a fenomeno riconosciuto e studiato, è soprattutto storia del Novecento, nonostante affondi le sue radici un paio di secoli addietro (jazz) o più (banda). Credo che le origini della banda non siano i gruppi militari con quel che ne segue (marce, parate, musica d’occasione), ma i grandi compositori della musica colta che ne avevano già capito la validità, come Mendelssohn, per esempio. Ma ciò che conta davvero è quello che successe tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento: per esempio nel 1909, quando Gustav Holst decise di scrivere un pezzo che avesse, come organico strumentale, quello della banda. Scegliendo dunque liberamente l’organico in funzione della musica che aveva in mente, così come si compone per quartetto d’archi piuttosto che per coro o orchestra. È chiaro che, con questo concetto, si ribalta il punto di vista del musicologo tradizionale, che vede nella banda principalmente un veicolo di diffusione della grande musica colta italiana ed europea, a favore invece di un nuovo mezzo artistico-culturale libero di avere una storia peculiare ed interessante. E se, ormai nel ventunesimo secolo, i compositori si accorgessero che la banda può costituire un’alternativa di organico assai valida dal punto di vista artistico? I due brani qui presentati sono la chiara conferma che la banda può esprimersi anche in ambito jazz, ma attenzione: non scimmiottando la big-band, che le è molto lontana anche in termini di organico (mancandole clarinetti, oboi, fagotti, corni, tuba, percussioni…), e nemmeno, come in alcuni tentativi anche importanti, cercando di mantenere quella specie di connotazione “popolare” dal suono grasso e grosso, spesso non ben intonato, che fa tanto “nostalgia”, nell’illusione di una New Orleans nostrana.

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